Oggi, sul comodino, un libro che mi ha attirato fin dal titolo e mi ha spinta a sottolineare le sue pagine in ben due modi diversi, per evidenziare tutto ciò che ho adorato. Si tratta di Americanah di Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice e attivista nigeriana, edito da Einaudi.

Copertina di Americanah di Chimamanda Ngozi Adichie, Einaudi, Super ET
Copertina

Parlaci di Americanah

Americanah è un romanzo che ci racconta la storia di due ragazzi nigeriani che emigrano in paesi anglofoni: Ifemelu in America e il suo ragazzo Obinze in Inghilterra. È un romanzo che parla di razzismo, differenze culturali, difficoltà di integrazione – non solo all’estero, ma, una volta tornati, anche nel proprio paese natio. Ma se pensate che si tratti di uno di quei libri in cui un narratore americano si indigna per ogni parola vagamente riconducibile a questioni razziali, vi sbagliate di grosso. Non c’è nulla di troppo marcato, nessun (mi pare) capriccio permaloso simile a quelli che ho trovato in molte altre opere (libri, serie tv, film…), nessuna prevenzione nei confronti dei bianchi. O meglio: tutte queste cose ci sono, ma Ifemelu – la vera protagonista della storia – le nota e ne prende intimamente le distanze. Ci mostra un quadro lucido, un po’ critico, della società americana, del suo razzismo e dell’altro lato della medaglia: il perbenismo.

Uscendo dal negozio, Ifemelu disse: – Mi aspettavo che ti chiedesse: «Era quella con due occhi o quella con due gambe?» Ma perché non ti ha semplicemente chiesto: «Era la bianca o la nera?»
Ginika scoppiò a ridere: – Perché questa è l’America. Certe cose devi fingere di non notarle.

Ma è molto più di questo. Americanah è un romanzo che racconta la vita dei suoi personaggi in tutte le sfaccettature – il lavoro, le difficoltà relazionali, il loro approccio ai luoghi in cui si trovano, le sensazioni nei confronti delle persone che incontrano. Racconta di storie d’amore, di crescita personale, di errori, fallimenti, obiettivi raggiunti.

E i personaggi?

La protagonista indiscussa è Ifemelu, dal cui punto di vista leggiamo il settantacinque o l’ottanta percento della storia, quindi vi parlo soprattutto di lei. È una donna intelligente, orgogliosa, non particolarmente brava a tenere a freno la lingua. Guarda il mondo con un misto di interesse e diffidenza, è tendenzialmente assennata e razionale, poi qualche volta si trova a compiere scelte del tutto a caso, senza sapere bene nemmeno lei il perché – per curiosità, per principio, per istinto? È un personaggio difficile, molto umano. Non sempre rimane coerente con se stessa, specie di fronte a quelli che saranno i suoi partner americani e alle questioni economiche. Ma cosa c’è di più realistico di questo?

Così sono tutti i personaggi. I difetti di ognuno sono sempre evidenti, sotto lo sguardo acuto e – tendenzialmente – disincantato di Ifemelu, ma anche i loro pregi. Quasi tutti hanno una storia, un progetto, un sogno e degli scheletri nell’armadio. Tutti mi hanno dato l’impressione di essere persone reali, che potrei incontrare in qualunque momento sulla mia strada.

Ma fin da quel primo giorno Kimberly le piacque, con la sua bellezza frangibile e gli occhi violetti pieni di quell’espressione che Obinze usava spesso per descrivere le persone che gli piacevano: obi ocha. «Cuore puro».

Ti è piaciuto Americanah?

Americanah è stato il libro più entusiasmante che abbia letto da quando ho cominciato a riavvicinarmi alla lettura. Il primo libro, dopo tanto tempo, che volevo continuare a leggere e al tempo stesso no, perché sapevo che una volta finito mi sarebbe mancato. Mi ha fatto sorridere, intenerire, arrabbiare e qualche volta persino accelerare il battito cardiaco. È una lettura molto piacevole e coinvolgente: ci si riesce ad avvicinare perfettamente al punto di vista dei personaggi, anche quando compiono azioni moralmente sbagliate, perché lo fanno con spirito positivo o ingenuo, sempre (o quasi) in buona fede. Si vive con loro e le pagine del libro raccolgono tutti gli aspetti della vita vera delle persone. Qualche volta mi sono dovuta fermare per ricordare a me stessa che ciò che stavo leggendo era finzione.

L’ho trovato anche a livello antropologico profondamente interessante: un’analisi di parte, ma comunque molto lucida, delle società nigeriana e americana e del loro approcciarsi alla diversità.

Mi è piaciuto particolarmente leggere gli scambi di idee dei diversi personaggi riguardo a ciò che ognuno considera offensivo o meno. Ci sono personaggi che si adattano pur di integrarsi il più possibile nella società e altri che rifiutano di farlo, chi non si accorge delle discriminazioni e chi le vede in ogni luogo.

Scoppiarono tutte a ridere, a quella parola, «americanah», rivestita di allegria, con la quarta sillaba allungata, e al pensiero di Bisi, una ragazza più giovane di un anno tornata da un breve viaggio in America con una strana affettazione: fingeva di non capire più lo yoruba e metteva una r strascicata in fondo a ogni parole inglese.

Un gran bel libro che mi ha invogliato a cercare qualche altro titolo della stessa autrice, per capire se dia vita sempre a piccole perle come Americanah.

Pro:

  • È un libro adatto a chi cerca di approfondire tematiche sociali come il razzismo e l’immigrazione, ma anche a chi è solo alla ricerca di una lettura di intrattenimento. Molto piacevole. La questione razziale un filo perfettamente intrecciato nella trama, suggerito da episodi della vita quotidiana, che non sembrano inseriti ad hoc.
  • Ottima, ottima costruzione caratteriale, in ogni singolo caso. Tutti i personaggi sono dotati di spessore e sfumature, realismo e umanità.
  • Di tanto in tanto compaiono delle note a pie’ pagina, per spiegare riferimenti a figure, parole e situazioni, di cui è possibile che il pubblico italiano non colga il significato. È un’attenzione editoriale che ho molto apprezzato, di cui invece ho sentito la mancanza in altri testi che trattavano di differenze culturali. Sono davvero molto utili e interessanti.
  • Il libro in sé è pieno di spunti di approfondimento e interessantissime osservazioni sulla cultura, società e storia americane e nigeriane. Mi hanno fatto particolarmente riflettere le sequenze in cui si parla delle differenze di mentalità, di problematiche e di approccio al razzismo che distinguono i Neri-Americani dai Neri-Non-Americani.
  • La scrittura è semplice, coinvolgente e piacevole. Di tanto in tanto sono inserite parole o piccola frasi in lingua igbo, ma non disturbano affatto la lettura.
  • I post tratti dal blog di Ifemelu non interrompono il flusso narrativo: sono solitamente collocati alla fine di un capitolo e fungono più da conclusione che da interruzione. Sono riflessioni intelligenti, più o meno polemiche, a mio parere molto stimolanti.
  • La copertina della mia edizione (Einaudi, collana Super ET, 2015) è una vera meraviglia. Ogni volta che mi capita tra le mani non riesco a smettere di guardarla.

Contro:

  • Ifemelu non è sempre una simpaticona. Ho spesso avuto l’impressione che guardasse tutti dall’alto in basso – non solo in momenti in cui la sua cultura cozzava con quella altrui, ma fin da quando è bambina. È un tratto caratteriale tipico del personaggio, non un vero e proprio difetto, ma a volte l’ho trovata irritante.